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Quantum atelier: laboratorio di arte e scienza

Il laboratorio si inserisce all’interno di un percorso di collaborazione che il liceo Einstein ha intrapreso da anni con il gruppo di ricerca in Didattica e Storia della Fisica, coordinato dalla professoressa Olivia Levrini, dell’Università di Bologna.

In particolare, nel triennio 2016-2019 il Liceo è stato partner all’interno del progetto europeo Erasmus+ I SEE (proff referenti Clementi, Fantini e Filippi) collaborando alla costruzione e sperimentazione di moduli su temi STEM avanzati, contraddistinti da uno sguardo interdisciplinare e multidimensionale e dall’obiettivo di costruire competenze per gestire l’incertezza, orientarsi e agire rispetto al futuro. La filosofia di I SEE prosegue tuttora nei progetti europei SEAS e FEDORA con i quali il Liceo continua a collaborare con la predisposizione di attività da parte di docenti di lettere, scienze, matematica e fisica.

In questo quadro, il nostro Istituto ha ospitato, in avvio d’anno scolastico, il corso pomeridiano dal titolo “La seconda rivoluzione quantistica”, progettato, nella filosofia dei moduli I SEE, dal gruppo di ricerca e curato dalla dottoranda Sara Satanassi. In questa filosofia il corso non si limita a offrire un quadro degli aspetti teorici di rottura del nuovo paradigma interpretativo e delle loro attuali ricadute applicative, ma affrontando il senso della rivoluzione che si attua in questi decenni nel connubio della scienza moderna con la tecnologia, mira a far emergere i profondi cambiamenti sociali e culturali insiti nella nuova logica. Il percorso ha cercato di mettere a fuoco come questa seconda rivoluzione investa in profondità non solo il nostro modo di guardare ma anche di essere, richiedendo a ognuno una ricerca personale che guidi il pensiero e poi il linguaggio, nelle sue varie forme, a costruire immagini e visioni della realtà e di sé.

A prosecuzione del corso il professore di Lettere Maurizio Giuseppucci, in collaborazione con il gruppo di ricerca e, in particolare, con la prof.ssa Paola Fantini, ha dato avvio al laboratorio di arte e scienza: Quantum Atelier. Il prof Giuseppucci conduce il corso in collaborazione con i proff. Clementi e Filippi. Sono coinvolti 8 studenti.

Quantum Atelier

testo di Maurizio Giuseppucci

Credo che senza il desiderio di farci intendere, non avremmo mai formato un linguaggio; ma una volta formato, esso giova all’uomo a ragionare con se stesso, sia perché le parole permettono di ricordarsi dei pensieri astratti, sia per l’utilità che si trova, quando si ragiona, nel servirsi di caratteri e di pensieri sordi [pensées sourdes]. Occorrerebbe infatti molto tempo se si volesse spiegare tutto e sostituire sempre le definizioni al posto dei termini.

G.W.Leibniz, Nuovi saggi sull’intelletto umano, Libro III, cap.I

Stiamo vivendo un’epoca di forte cambiamento: gli assetti sociali, economici, politici e anche antropologici paiono soggetti ad una costante necessità di ridefinizione.

In questa trasformazione così rapida – tanto che i sociologi parlano di “società dell’accelerazione” – la tecnologia gioca un ruolo da protagonista, ruolo destinato, in breve tempo, a diventare sempre più dominante.

Le nuove tecnologie, lungi dall’essere semplici strumenti di sviluppo delle dinamiche già esistenti, imprimendo una apparente semplificazione al nostro rapporto con la vita, contribuiscono a modificarne di fatto la percezione e vanno strutturando una “realtà” che è ancora tutta da comprendere assieme alle sue molteplici ripercussioni.

In un simile scenario la scuola avverte, e non da ora, l’esigenza di collocarsi all’interno di tale trasformazione come strumento e filtro culturale di rielaborazione critica rispetto a quando sta accadendo, ponendo in ‘crisi’ i vecchi modelli di trasmissione della conoscenza senza disperdere l’enorme patrimonio del sapere di cui da sempre si è avvalsa nell’esercizio della sua funzione.

Il sistema educativo, insieme al ripensamento delle metodologie didattiche, sente l’esigenza di contribuire e stimolare l’elaborazione di nuovi linguaggi, più adatti alla sfida del presente. Ad una nuova “realtà” dovrebbero seguire infatti nuove parole, nuove immagini, metafore e persino una nuova estetica. Gli insegnanti sanno che tale sfida comunicativa non è nuova, poiché ad ogni decisiva scoperta nella storia è sempre seguita una simile tensione alla riformulazione dei linguaggi e che tale compito spetta principalmente agli scienziati, ai filosofi e agli artisti.

Tuttavia il contributo che essa può fornire è quello di aprire ‘spazi’ per sperimentare insieme agli studenti una riflessione che metta in gioco, da un lato, le nuove scoperte ed il loro apprendimento ma, dall’altro, stimoli gli studenti ad immaginare nuove forme di rappresentazione delle conoscenze che stanno acquisendo.

Per riprendere la celebre distinzione di De Saussure tra langue e parole, è possibile sintetizzare il processo auspicato in questi termini: mettere a contatto gli studenti con i “linguaggi” (Langue) della scienza e dell’arte, stimolandoli ad elaborare una propria parola (Parole), ovvero un ‘segno’ che comunichi l’esperienza del percorso conoscitivo che hanno attraversato e le modificazioni che questa esperienza ha impresso sul proprio modo di percepire la realtà.

Al termine dell’esperienza di studio offerta dal gruppo di ricerca dell’università di Bologna, un piccolo gruppo di studenti è stato chiamato a ripensare il percorso nei termini sopra indicati; obiettivo: la produzione di un’opera che impiegasse il linguaggio dell’arte per esprimere quanto appreso.

Spesso, specialmente in ambito divulgativo, quando l’arte e la creatività, tipica delle discipline umanistiche, è chiamata ad intervenire in uno scambio con la cultura scientifica, essa gioca un ruolo accessorio o didascalico, per non parlare della tendenza tipica dell’età del “neo-barocco” o della “società dello spettacolo”, a relegare il linguaggio simbolico-poetico nel ruolo di leva spettacolarizzante il sapere, dando fondo agli strumenti immersivi delle nuove tecnologie digitali o delle potenzialità proprie dei nuovi media. Trasformare il linguaggio significa anche avvalersi di nuovi strumenti, di canali comunicativi d’avanguardia, ed il loro impiego è, non solo lecito, ma persino auspicabile nel contesto di accelerazione tecnologica in cui siamo immersi. Tuttavia il pericolo di cadere in una banale forma di spettacolarizzazione della “spiegazione” scolastica è quanto sin da subito ci si è proposti di scongiurare.

Inoltre, i limiti economici e culturali a cui va inevitabilmente incontro un’esperienza didattico-laboratoriale di questo tipo, come quella di Quantum Atelier, che si confronta con l’ambiziosa sfida di addentrarsi nella ricerca di un nuovo modo di intendere comunicazione e rielaborazione del sapere scientifico, sono in tale prospettiva, da ritenersi una opportunità per “asciugare” il linguaggio contemporaneo, così tentato dalla fascinazione degli “effetti speciali” dell’intrattenimento per ricorrere invece ad “affinare” gli strumenti a nostra disposizione, come le nuove tecnologie a cui abbiamo normalmente accesso, l’arte o il pensiero critico sviluppatosi intorno ad esse, attraverso un approccio stilistico formale di tipo concettuale, favorendo così uno scambio significativo tra arte, scienza e sapere scientifico tecnologico, volto all’approfondimento di tutti i campi del sapere coinvolti in questo laboratorio e all’apporto delle competenze autonome ed originali che gli studenti sono in grado di mettere in gioco in questa sfida.